Un rappresentante della Banca Centrale Europea (BCE) ha messo ulteriormente in guarda sulla dibattuta criptovaluta di Facebook, Libra. Yves Mersch, avvocato lussemburghese e membro del comitato esecutivo della BCE, ha infatti affermato che l’ecosistema di Libra sarà “simile a un cartello”, e che l’asset ispirato da Mark Zuckerberg non può essere definito una vera e propria criptovaluta.
In particolar modo, dopo aver rielaborato alcune preoccupazioni sul fatto che il denaro si basa sulla relazione fiduciaria, e che l’unico denaro “affidabile” è quello sostenuto dallo Stato, Mersch ha dipinto un quadro piuttosto critico delle “reali” intenzioni di Facebook: disporre di una governance centralizzata, di un procedimento di emissione centralizzata, di un controllo centralizzato.
“Per cominciare, le monete Libra saranno emesse dalla Libra Association – un gruppo di operatori globali nel campo dei pagamenti, della tecnologia, del commercio elettronico e delle telecomunicazioni“, ha detto Mersch. “La Libra Association controllerà la blockchain di Libra e raccoglierà l’equivalente in moneta digitale del reddito di tali attività”.
“Il Libra Association Council prenderà decisioni sulla governance della rete Libra e sulla Libra Reserve, che consisterà in un paniere di depositi bancari e titoli di Stato a breve termine a sostegno delle monete Libra. I servizi di pagamento basati sulla Libra saranno gestiti da una filiale interamente di proprietà di Facebook, chiamata Calibra“, ha quindi aggiunto.
Mersch ha poi affermato che le “monete” di Libra saranno distribuite esclusivamente attraverso rivenditori autorizzati scelti di Facebook, che così facendo finisce con il centralizzare il controllo sull’accesso a Libra, definita dall’avvocato come “una presunta criptovaluta globale”.
Ironia della sorte, simili caratteristiche rendono Libra del tutto simile al denaro pubblico (fiat), che è altamente centralizzato. In senso letterale, Facebook e la sua moltitudine di operatori su blockchain sono destinati ad agire come “emittenti quasi sovrani di valuta“, contrastando così apertamente con la visione di Satoshi Nakamoto di una moneta digitale senza confini e apertamente accessibile, immune dal controllo di ogni singola entità e, dunque, pienamente decentrata.
Eppure, nonostante sia evidente che Libra non sia una criptovaluta, Facebook ha voluto comunque aggrapparsi a tale termine per scopi di marketing. “Con una tale configurazione, è difficile distinguere le promesse fondamentali di decentramento e disintermediazione normalmente associate alle criptovalute e ad altre valute digitali”, ha detto Mersch.
Insomma, Libra non è una criptovaluta e condurrà Facebook & co. a diventare degli emittenti di denaro simili agli Stati. Un pericolo che l’avvocato concretizza subito dopo, quanto nota che il successo (possibile, ma non scontato) di Libra potrebbe perfino compromettere la capacità della BCE di fornire liquidità alle banche europee, e persino minare l’euro, riducendo la sua domanda.