Nelle ultime settimane ha fatto piuttosto scalpore l’idea – apparentemente fantasiosa – del presidente Donald Trump di comprare la Groenlandia. Un’idea più volte esplicitata, e che il primo ministro danese Mette Frederiksen ha bollato come “assurda”, respingendola al mittente e innescando una serie di ripicche diplomatiche che hanno condotto Trump ad annullare il viaggio verso la Danimarca, nella cui giurisdizione la Groenlandia è riconducibile.
Ma perché Trump vuole comprare la Groenlandia?
Un interesse mai sopito
L’interesse di Trump per la Groenlandia è in realtà solo l’ultima indicazione della crescente importanza geopolitica dell’isola per gli Stati Uniti e… non solo, visto e considerato che sulla macro area ci sono altresì le mire della Cina.
Il motivo non è certo ignoto. Il valore strategico della Groenlandia è strettamente legato all’apertura di nuove rotte di navigazione nell’Atlantico settentrionale a causa dello scioglimento delle calotte polari. Le nuove rotte hanno ridotto drasticamente i tempi di percorrenza del commercio marittimo, che generalmente prevede il viaggio attraverso i canali di Panama o di Suez, per circumnavigare il mondo.
La Groenlandia, che ospita quasi 58.000 persone, è l’isola più grande del mondo e l’80% della sua estensione è ricoperto di ghiaccio. Gli abitanti dell’isola sono danesi, ma dal 1979 si governano in maniera autonoma.
L’economia della Groenlandia
Le maggiori leve economiche della Groenlandia sono la pesca e il turismo. Tuttavia, l’isola ha suscitato un interesse crescente grazie alle sue vaste risorse naturali, tra cui il carbone, lo zinco, il rame, i minerali ferrosi e altri minerali rari. Ci sono state diverse spedizioni, anche recenti, finalizzate a valutare l’estensione delle risorse della nazione, ma… la realtà è che la “vera” quantità è sconosciuta, e che potremmo dunque essere dinanzi ad un serbatoio di inestimabile valore.
La Cina, che è coinvolta in una battaglia commerciale con gli Stati Uniti, in precedenza ha mostrato un interesse più moderato per lo sviluppo di una “Polar Silk Road” del commercio attraverso le rotte di navigazione del Nord Atlantico. La Cina ha proposto di costruire nuovi aeroporti e strutture minerarie sulla Groenlandia un anno fa, ma non avendo avuto particolari riscontri, alla fine ha ritirato la sua offerta.
D’altronde, aprire la Groenlandia a qualsiasi tipo di impiego straniero potrebbe costituire un pericoloso precedente. In altri termini, se la Cina dovesse formalizzare un investimento significativo in un territorio che è così strategicamente importante per così tanti Paesi, avrebbe un’influenza decisiva.
Economia, commercio e difesa: i 3 punti di Trump
Oltre a un’importanza fondamentale per l’economia e per il commercio, c’è un terzo tassello che non sfugge agli analisti geopolitici: l’importanza strategica di questo territorio per la difesa statunitense. Il rischio che una ricerca civile, come quella cinese, possa sostenere una presenza militare cinese rafforzata nell’Oceano Artico, che potrebbe includere il dispiegamento di sottomarini nella regione come deterrente contro gli attacchi nucleari, potrebbe essere una realtà non certo lontana.
Peraltro, la Groenlandia è in una posizione straordinariamente vantaggiosa proprio per le forze armate statunitensi. Gli Stati Uniti e la Groenlandia hanno siglato un accordo al termine della seconda Guerra Mondiale per ospitare sull’isola risorse militari americane, con un’intesa che viene confermata principalmente grazie alla base aerea di Thule, la più settentrionale d’America, che opera dal 1943 in Groenlandia e dispone di un sistema di allarme rapido per i missili balistici e di un sistema di localizzazione satellitare.
L’amministrazione Trump non è la prima a fare un’inchiesta di acquisto dell’isola. Già il presidente Harry Truman aveva espresso il desiderio di acquistare l’isola nel 1946 per 100 milioni di dollari in oro, e i precedenti tentativi di acquisto dell’isola risalgono addirittura al 1867.